Il rapporto tra maggioranza e minoranza deve essere condotto con grande equilibrio in qualsiasi gruppo di persone che siano tra loro associate. Ciò determina la pace e la serenità all’interno del gruppo. Questo non significa che all’interno del gruppo ci deve essere uniformità di vedute e di interessi. Se fosse così, il gruppo stesso mancherebbe di vitalità. Anzi, possiamo dire che non sarebbe nemmeno un gruppo di persone, bensì un aggregato di animali o un mucchio di cose inanimate. E’ pur vero però che la diversità di interessi e di vedute non deve essere causa di scontri violenti e sopraffattori tra parti dogmaticamente arroccate nelle proprie idee, disposte a non recedere di un palmo da esse, bensì a farle prevalere sulle parti opposte ad ogni costo.
Che in un gruppo di persone tra loro associate debba prevalere la volontà di una parte di esse, è cosa molto naturale. Non è possibile che prevalga la volontà di tutte, data la discordanza che alberga al suo interno a causa della divergenza di vedute dei componenti del gruppo. Accontentare tutti i membri del gruppo facendo prevalere le loro volontà, significa paralizzare ogni azione collettiva del gruppo stesso. Anzi significa porre il gruppo stesso nell’impossibilità persino di decidere di agire. Ma allora quale parte deve avere la prevalenza nell’ambito del gruppo?
La prassi democratica vuole molto giustamente che prevalga la parte maggioritaria e che quella minoritaria accetti con serenità tale prevalenza.
Ma perché deve prevalere la maggioranza? Forse che coloro che vengono a trovarsi in maggioranza acquisiscono diritti speciali che li pongono in particolari condizioni di privilegio rispetto a quanti fanno parte della minoranza? Non è proprio così. Prevale la maggioranza per un fatto naturale, nel senso che, se mi è permesso usare un’immagina fisica, esprime una quantità più ampia di realtà. E’ la scienza matematica stessa a sancirle maggiori diritti.
Seguendo il criterio stabilito dalla matematica, potremmo però cadere in posizioni abbastanza disumane. Potremmo porci nella condizione di considerare coloro che appartengono alla minoranza come esseri inferiori rispetto a quanti fanno parte della maggioranza perché i primi verrebbero ad essere soggetti senza diritti, in quanto esisterebbero solo i diritti di coloro che fanno parte della maggioranza. E non mi si venga a dire che questo discorso non ha senso perché possono cambiare gli individui appartenenti alla maggioranza a seconda delle particolari condizioni in cui vengono a trovarsi gli individui stessi. Questo ragionamento è troppo particolare per essere vero. Esso, infatti, risulta essere assai adeguato per delineare il gioco delle parti in un regime politico a carattere democratico. Qui le parti si alternano in base al loro operare. Così capita che coloro che oggi sono al governo in quanto fanno parte della maggioranza, avendo governato male, vengano domani ad essere relegati nella minoranza, in quanto il popolo non li ha votati. A questo punto, si verifica un rovesciamento radicale della situazione. Quei cittadini che godevano, in quanto facenti parte della maggioranza, di diritti privilegiati, vengono ora a trovarsi senza diritti. Da super cittadini, quali erano, sono ridotti a sub cittadini. E’ evidente che un tale ragionamento è difettoso. Ha il torto di far toccare gli estremi. Il problema dunque deve essere posto in modo più elastico. Affinchè non si cada in una paralisi inoperosa, è assolutamente necessario ammettere che devono essere i pareri della maggioranza a prevalere. Tuttavia anche alla minoranza vanno riconosciuti i propri diritti. Questo fatto significa due cose: 1) la minoranza deve avere la possibilità di dissentire dalla maggioranza e di formulare i propri pareri; 2) la maggioranza deve riconoscere di non poter essere sovrana assoluta ma di avere di fronte la minoranza con tutti i suoi diritti di formulare proposte differenti dalle sue e persino alternative alle sue.
A questo punto, sembra che la discussione si sia cacciata in un vicolo cieco da cui non è facile uscire. Infatti la maggioranza ha il diritto di far prevalere le proprie decisioni – ed abbiamo visto più sopra essere ciò un fatto naturale- . Dall’altro canto la minoranza ha anch’essa il diritto di dissentire dalla maggioranza e di formulare persino proposte alternative. Bisogna però che l’azione della minoranza non sia semplicemente un atto formale. Ma come può dunque la minoranza esercitare un’azione che si trasformi in un atto di governo? Può far ciò esercitando un’opposizione costruttiva nel senso che le sue proposte debbono scaturire da una attenta analisi della situazione sociale e dalle esigenze non solo di quella parte del popolo che l’ha delegata a governare, ma anche dalle esigenze di quella parte che non l’ha delegata, poiché ha riversato i suoi voti su quei politici che sono diventati maggioranza. Altrettanto però è obbligata a fare la maggioranza. Essa, infatti, non può dimenticare che i suoi atti di governo hanno valore per tutto il popolo e non per quella parte di esso che l’ha eletta. Se si comportasse diversamente, agirebbe in modo arrogante ed ingiusto, assumendo un atteggiamento sopraffattore anziché governativo. E’ chiaro che un tale atteggiamento non è conforme alla democrazia, per mezzo della quale le maggioranze e le minoranze sorgono in forza dei metodi e delle soluzioni che propongono per la soluzione dei problemi che la comunità sociale presenta.
Per esprimere questo concetto in maniera più comprensibile, dirò che la comunità sociale manifesta i problemi che la affliggono e costituisce al proprio interno le maggioranze e le minoranze di governo conferendo il maggior numero, o in numero minore dei voti dei suoi singoli componenti a quel gruppo di suoi cittadino, che sono poi i partiti, che le sembra offrire e garantire maggiori certezze per la risoluzione dei problemi che ha presentato. Da ciò deriva che la maggioranza, delegata a governare, deve fare ciò in nome di tutta la comunità sociale e non di una parte di essa. Dal canto suo, la minoranza ha il dovere di esercitare l’opposizione mirando alle difficoltà di tutta la comunità sociale e non solo di quella parte che l’ha eletta.
In conclusione, la maggioranza e la minoranza non debbono in nessun caso agire in funzione delle parti che le hanno espresse, ma di tutta la comunità sociale in cui vengono a trovarsi. Il loro rapporto deve scaturire da un loro continuo e serrato raffronto, fatto di idee che trascendano ogni benché minima faziosità. Si intende che le decisioni le prende la maggioranza, che tende a risolvere quei problemi della comunità sociale che le sembreranno più urgenti e in quel modo che riterrà il migliore, ma farà ciò avendo ben valutati i suggerimenti che ha espresso la minoranza. Solo così essa può sperare di durare a lungo in forza del gioco democratico per cui può sempre diventare minoranza quando non abbai adempiuto bene ai propri doveri di governo secondo le vedute della comunità sociale che l’ha espressa.