La democrazia favorisce ed incrementa l’autonomia degli enti nella comunità. Per mezzo di essa ogni individuo è libero di aggregarsi con altri o di separarsi da essi; di manifestare quello che sente e pensa, anche se lo deve fare nelle forme più decorose: in modo tale cioè da non offendere o impedire il sentimento ed il pensare degli altri.

 

Lo scopo che si prefigge la democrazia è quello di consentire il massimo sviluppo della personalità di ognuno. Affinché ciò avvenga la comunità assume i provvedimenti più opportuni. Gli individui di loro iniziativa danno luogo alle associazioni più varie: da quelle politiche a quelle economiche, da quelle assistenziali a quelle culturali, da quelle morali a quelle religiose, da quelle sportive e quelle ricreative, e così via... Tutte gareggiano liberamente con l’intento di raggiungere il maggiore potere. Qui però la comunità deve fare molta attenzione perché il potere delle associazioni, che operano al suo interno, non travalichi certi limiti. Quando capita questo, si verifica il fatto che una associazione (o un gruppo di associazioni) ha acquisito, nell’ambito della comunità, tanto potere da sopraffare le altre, costringendole a deviare dai loro intenti e a modificare persino la loro natura. In questo caso, la comunità ha perduto il controllo dei componenti, e si può dire che essa non esista più come tale, poiché il componente che è emerso sopraffacendo gli altri con il suo potere, la costringe ad adeguarsi a tale potere, inducendola a mutare profondamente la propria natura, e quindi a disaggregarsi per ricostituirsi su basi nuove e con strutture assai diverse da quelle che aveva in precedenza. Ne consegue che anche i suoi intenti sono diversi, come differenti sono gli scopi che si prefigge di conseguire.

Come può la comunità evitare un simile guaio? Bisogna dire, con tutta franchezza, che la cosa non è facile, specialmente quando l’intervento sopraffattore viene dal settore economico. Infatti nel campo economico operano, nelle varie comunità nazionali, le cosìdette Multinazionali, associazioni internazionali che, in forza del loro stragrande potere economico, sono riuscite ad inserirsi come componenti di estrema rilevanza nelle comunità nazionali, operando su di esse un condizionamento tanto forte, sì da poterle persino travolgere, come è avvenuto nel 1973 alla comunità cilena, quando l’intervento di una società multinazionale americana provocò la caduta del governo capeggiato da Salvador Allende, trasformando il Cile per mezzo dei militari, a cui fornì la forza del proprio appoggio economico, in uno Stato totalitario di carattere fascista, da Stato democratico qual’era in precedenza.

Eppure, nonostante le molteplici difficoltà che incontra, io penso che una comunità nazionale riesca ad evitare la propria dissoluzione, quando in essa il carattere democratico è fortemente radicato. In tal caso, essa ha, in primo luogo, una forte coscienza di sé e del proprio inestimabile valore; in secondo luogo, domina con sicurezza tutti gli elementi che la compongono, pur senza opprimerli; in terzo luogo, stabilisce un equilibrio stabile tra gli elementi che la compongono, impedendo a ciascuno di sopraffare gli altri. E ciò non lo realizza con l’esercizio della forza, bensì con il prestigio di cui gode, scoraggiando chiunque a tentarne il mutamento nella certezza che si cadrebbe in una situazione peggiore.

E’ il momento in cui la democrazia raggiunge il massimo della vitalità comunitaria. Tutti gli elementi della comunità sentono che sono parti essenziali di un unico organismo, ma anche che questo, a sua volta, è per essi la principale fonte di vita senza il quale andrebbero inesorabilemente in estinzione. Uno stretto legame di solidarietà si impadronisce di loro, il quale li porta ad accantonare ogni forma di contrasto esasperato. Le loro azioni sono orientate piuttosto verso ciò che unisce che verso ciò che divide. Le categorie dell’unità e della pluralità si fondono per costituirne una terza, quella dell’unità molteplice.