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Come conduco le mie lezioni.

Se è vero che non mi sono formulato delle regole precise cui fare riferimento nell’esercizio della mia attività di docente, perché essa finirebbe nel più assoluto immobilismo astraendosi dalla realtà propria dell’uomo, è però altrettanto vero che non ho mai pensato di affidarmi esclusivamente all’improvvisazione che deriva dal puro agire, anzi ho sempre ritenuto privo di valore reale l’agire privo di riflessione e vuota di qualsiasi senso la riflessione che non fosse congiunta all’azione.

Ne ho mai pensato che la verità stesse dalla parte dei pragmatisti, i quali sono convinti che la validità delle nostre idee derivi dal successo delle nostre azioni corrispondenti. E’ però altrettanto ovvio che dissento con eguale vigore dalla posizione degli aprioristi sotto qualunque forma si presentino poiché è assolutamente inconcepibile, secondo la mia visione della realtà, ritenere che tutto possa essere desunto dai principii della ragione.

Se, dunque, non è possibile ad un vero educatore rifarsi ad un metodo con regole fisse è anche errato ritenere che egli possa fare a meno di alcuni principii generali su cui edificare la propria attività educativa.

Per quanto mi riguarda direttamente, ho già detto nel paragrafo precedente che l’esperienza è la base fondamentale di ogni mio procedere in campo pedagogico. Ma l’esperienza non la intendo come una serie di elementi belli e costituiti che io ricevo passivamente dal di fuori e che accetto in maniera del tutto incondizionata, registrandoli ed adibendoli agli usi di cui ho necessità, bensì come un’elaborazione che io stesso faccio degli elementi che mi provengono dal mondo esterno secondo le esigenze che debbo soddisfare. In altre parole, pur nella consapevolezza dell’esistenza del mondo esterno come qualcosa di oggettivo a cui fare necessario riferimento in ogni mio esperire, io non ritengo che questo mondo esterno sia non tanto forgiatore del mio mondo interiore, ma nemmeno suo condizionante. Allo stesso modo, però, ho la certezza del fatto che nemmeno il mondo interno forgia o condiziona assolutamente quello esterno. Non si può negare che il mondo esterno e il mondo interno siano distinti ed abbiano anche una relativa autonomia. Tuttavia il loro legame non è solo strettissimo, ma anche necessario ed indispensabile in quanto l’uno si costituisce e vive in funzione dell’altro sul piede delle più assoluta parità. La loro influenza è reciproca e scambievole e le loro vite si alimentano dialetticamente a vicenda.