Il Positivismo e le filosofie successive.
Il Positivismo, riponendo l’essenza d’ogni cosa nei fatti che concepiva come accadimenti naturali, tenne conto solo dell’Essere dell’Oggetto, disinteressandosi del fatto che esso non avrebbe potuto avere alcun senso senza l’esistenza del Soggetto. Le correnti filosofiche che gli successero, non furono più felici nel cogliere la necessità dell’uno e dell’altro. Infatti le correnti di marca irrazionalistica, dal volontarismo all’intuizionismo, dal vitalismo al pragmatismo, dall’esistenzialismo al neoidealismo, posero in evidenza il valore soggettivo dell’azione senza curarsi per nulla di ciò che tale azione avrebbe dovuto ricevere. Per contro, l’empiriocriticismo, le varie correnti neopositiviste, la fenomenologia, la neoscolastica ed altre forme di spiritualismo non seppero fare di meglio che rivalutare l’oggetto, lasciando il soggetto totalmente in ombra.
Le tesi del problematicismo.
Il problematicismo si è mosso sulla via giusta. Concependo la realtà come problematica nella quale ogni forma di dogmatismo non può trovare posto alcuno, ha posto il soggetto e l’oggetto nella dovuta relazione, viventi entrambi di una vita scambievole, dove la prevalenza temporanea or dell’uno or dell’altro, dettata da circostanze del tutto particolari, non intacca la loro fondamentale tendenza all’equilibrio reciproco. Del resto, se guardiamo le cose con l’occhio disincantato della vita quotidiana, finiamo per dover riconoscere che la posizione filosofica del problematicismo è quella che meglio ha saputo interpretare il nostro vivere giornaliero.
Ciò non significa che il problematicismo sia una filosofia banale. Anzi essa è la vera filosofia concreta, giacchè la validità e la concretezza di una filosofia non va giudicata per i castelli metafisici che essa sa erigere costruendo serratissimi sistemi, bensì per le cose che sa dire e far scoprire ai comuni mortali della realtà in cui vivono ed operano svolgendovi il proprio ruolo.