Allargare la nostra conoscenza significa progredire. Conoscere le cose vuol dire entrare in contatto con esse, farle proprie, assimilarle. Tale situazione porta il soggetto conoscente a disporre dell’oggetto conosciuto e a poterlo trasformare. Si verifica che il soggetto conoscente, il quale è dotato di intelligenza, ordina secondo il criterio razionale l’oggetto conosciuto. Far luce, per dirla con un’espressione cara agli Illuministi, “dove c’è ombra”. Organizza il disorganizzato, definisce l’indefinito, opera la distinzione nell’indistinto. In tal modo, l’orizzonte del conoscente si allarga sempre di più sul conosciuto e la sua capacità di dominio sull’”altro da sé” diventa sempre maggiore.

Il conoscere, dunque, non consiste nel desiderio di rivedere un’”Età Trascorsa” che, essendo felice e perfetta, c’induce ad operare per riconquistarla, bensì nel procedere sempre in avanti, nel proporci il raggiungimento di mete sempre nuove, nell’agire per raggiungere traguardi mai conseguiti. Ora siamo in grado di comprendere perché i reazionari si oppongano alla diffusione della conoscenza. Essa sovverte la situazione esistente, introduce il dinamismo nella staticità, sostituisce il dubbio al posto del dogma, scalza i privilegi fondati sull’oscurità e sull’ignoranza e, introducendo il rischio laddove la certezza ha sempre tenuto il campo, rende audaci gli individui e consente che venga premiato il loro operare laborioso a tutto scapito del pigro quietismo.

Il conoscere è pensiero ed azione. Nello stesso tempo il conoscere però non va riposto esclusivamente nell’azione o nel successo che l’azione riesce a conseguire. Esso è, sì, un agire da parte del soggetto conoscente sull’oggetto conosciuto: ma è un agire immeritato, elaborato dal pensiero. Pensare ed agire non possono essere disgiunti nell’atto conoscitivo, ma sono reciprocamente compenetrati. Nessuno dei due ha il primato, poiché si influenzano e si condizionano a vicenda. Ogni avanzamento della conoscenza comporta sempre uno sforzo elaborativo del pensiero ed un atto pratico dell’agire; e poco importa che si metta in moto prima l’azione e poi il pensiero o viceversa. Questo dipenderà dalla circostanza. Ciò che invece va ribadito è che non possono andare disgiunti in quanto nessuno dei due avrebbe senso.